L’AZIONE DI PETIZIONE EREDITARIA

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Le faccende ereditarie sono sempre delicate e foriere, spesso, di litigi anche tra i perenti più affiatati.

Così, se il de cuius in vita ha concesso, a qualsiasi titolo, somme di denaro a terzi, gli eredi possono agire per il recupero del controvalore? Se si, quali strumenti giuridici possono utilizzare?

L’art. 533 c.c. disciplina l’azione di petizione dell’eredità, riservata all’erede onde ottenere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possieda tutti o parte dei beni ereditari, a titolo di erede o senza alcun titolo, allo scopo di ottenere la restituzione degli stessi.

Tale azione è imprescrittibile, salvi gli effetti dell’usucapione rispetto ai singoli beni.

Più avanti, all’art. 564 c.c. il legislatore prevede un altro strumento, che è l’azione di riduzione, che ha, invece lo scopo di reintegrare la quota di legittima mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre.

Soggetti legittimati ad intentare tale azione sono il legittimario leso, quello escluso dal testatore, l’erede e l’avente causa del legittimario.

L’applicazione dell’una o dell’altra azione non è così piana, anche ai giuristi più esperti.

Infatti, di recente, la giurisprudenza della Cassazione è dovuta intervenire in una vicenda ereditaria in cui alcuni eredi rispettivamente sorella e nipote della de cuius, hanno adito il Tribunale per sentire dichiarare “la nullità di due assegni bancari” emessi in vita dalla defunta in favore di un altro nipote, con la conseguente condanna alla restituzione del controvalore alla massa ereditaria.   Il Tribunale di Napoli, ha qualificato l’azione come petitio hereditatis, ha accolto la domanda e condannato il beneficiario degli assegni alla restituzione delle somme.

Ebbene, secondo la recentissima Ordinanza della II Sez. della Cassazione Civile, n. 7577 del 21/03/2025 il Tribunale di Napoli ha errato nella qualificazione giuridica della fattispecie e, conseguentemente nel giudizio.

La petitio hereditatis è un’azione nella quale l’erede non subentra al de cuius ma che a lui viene attribuita ex novo al momento dell’apertura della successione; è un’azione reale, fondata sull’allegazione della qualità di erede e volta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete.

Pertanto, possono esperire azione di petizione ereditaria solo coloro che dimostrano di essere eredi e coloro che siano o siano stati in possesso dei beni di cui chiedono la restituzione.

Con l’azione di petizione ereditaria l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto mentre tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un’apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius.

Nell’azione di petizione dell’eredità legittimati attivamente e passivamente sono soltanto, rispettivamente, colui che adduce la sua qualità di erede e colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la restituzione (Cass. 9 febbraio 2001, n. 3181, cit.; Cass. 1 aprile 2008, n. 8440).

La petizione di eredità, quindi, non può essere esperita al fine di recuperare beni che, al momento dell’apertura della successione del de cuius, erano già fuoriusciti dal suo patrimonio e che, in ragione di ciò, non possono essere considerati quali beni ereditari.

Diversamente, ove ricorrano i presupposti per l’azione di riduzione, il legittimario leso o preterito può utilizzare questo strumento giuridico per reintegrare l’asse ereditario e ricevere la quota di propria spettanza così come stabilita dalla legge.

Avv. Sabina Grisorio